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lunedì 5 novembre 2012

Barriere architettoniche e mentali, post a cura di Patrizia Mazzarello


In questo post, molto efficacemente Patrizia introduce " a chiare lettere" il concetto di "integrazione"...ci fa riflettere e ci conferma l'importanza dell'integrazione sociale e scolastica delle Persone con bisogni educativi speciali...grazie!

Il ministro dell’economia Vittorio Grilli nelle scorse ore ha assicurato che il governo stanzierà i fondi per l’assistenza domiciliare ai malati di Sla, la Sclerosi laterale amiotrofica, una malattia neurologica che colpisce progressivamente tutti i muscoli. Per arrivare a questo risultato, però, ci sono volute settimane di lotta da parte dei malati, che hanno addirittura organizzato uno sciopero della fame, e dei loro famigliari, scesi in piazza a protestare e ad informare i cittadini di quanto stava accadendo.
Perché partire da questo per parlare di disabilità e barriere architettoniche? In primo luogo perché colpisce, in questa brutta storia di diritti negati e poi concessi solo sotto il peso dello sdegno dell’opinione pubblica, la foto ed il sorriso dei malati pubblicati oggi sui principali quotidiani. In quegli occhi soddisfatti, in quegli sguardi fieri, è l’immagine della vittoria. Ma anche di una grande sconfitta. Perché una società che costringe i suoi malati a far lo sciopero della fame per ottenere assistenza, che in casi come questi significa semplicemente il diritto ad una vita decorosa per sé e per le persone che ti vivono accanto, è una società che ha, lei sì, qualcosa che non funziona.
E allora, al di là di retorica, viene da pensare che le barriere da abbattere siano mentali prima ancora che fisiche. C’è un muro che occorre buttare giù. E bisogna farlo ogni giorno, con costanza. Perché ad ogni mattone che cade, frutto del pregiudizio, dell’ignoranza o del semplice disinteresse, ce ne sono altri pronti a prendere il loro posto.
Io sono cresciuta con Massimo, il mio cugino speciale, di sei anni più grande. Lui non sapeva parlare correttamente, aveva dei movimenti ripetitivi ed un po’ scomposti. Ma era felice quando lo andavo a trovare, ogni giorno. Ed era bravissimo a giocare a palla. Spesso portavo con me qualche mia amica e sempre, dopo la sorpresa iniziale, tutto funzionava perfettamente. Massimo tirava la palla, noi correvamo a prenderla. Perché dico questo? Perché i bambini, non ancora viziati dai condizionamenti, sanno benissimo, per istinto, cosa è giusto fare. Trovano le soluzioni, adattano i comportamenti. Le barriere arrivano dopo. A crearle sono le nostre paure, la nostra inadeguatezza. 

Patrizia Mazzarello


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