Siamo onorati di ricevere il
primo post con cui apriamo il nostro blog e ringraziamo l’avvocato Salvatore
Nocera: per il post e soprattutto per tutto quello che fa per il mondo dell'handicap:
Sia pur con ritado, Vi allego il mio
intervento. riducetelo liberamente se Vi sembra troppo lungo.
Cordiali saluti ed auguri per il Vostro nuovo
lavoro.
Salvatore Nocera
A CHE PUNTO SIAMO CON
L’INCLUSIONE SCOLASTICA A FINE 2012?
DI SALVATORE NOCERA
Vicepresidente
nazionale della F I S H , Federazione italiana per il superamento dell’handicap
I dati numerici
A
chi vuole indagare il fenomeno si presenta in crescita numerica ma, a mio
avviso, in decrescita qualitativa e culturale.Siamo ormai arrivati ad oltre
centonovantaseimila alunni frequentanti le scuole statali, cui si aggiungono
circa diecimila frequentati le scuole paritarie e circa quindicimila
frequentanti l’università.E’ inoltre da tener presente che di questi circa quindicimila sono studenti
stranieri con disabilità.Gli insegnanti per le attività di sostegno sono quasi centomila e numerose decine di migliaia
sono gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione assegnati dagli Enti
locali; a questi si aggiungono alcune migliaia di incarichi assegnati ai
collaboratori scolastici per l’assistenza igienica degli alunni con disabilità
più gravi.
La
normativa nazionale e regionale rimane sempre ad alti livelli di formulazione
dei diritti, rafforzati dalla costante attenzione della Magistratura, anche
costituzionale e dall’entrata in vigore della Convenzione ONU sui diritti delle
persone con disabilità, ratificata con l.n. 18/09.
Le contraddizioni indotte
A
fronte di questi dati incoraggianti però si debbono rilevare alcune situazioni
che stanno seriamente modificando il
modello italiano di inclusione, dovute soprattutto ai crescenti tagli alla
spesa sociale. Tali tagli stanno anche determinando un notevole cambiamento
culturale nelle famiglie e negli operatori, specie scolastici che offuscano il
disegno che a partire dalla fine degli Anni Sessanta e sino alla fine degli
Anni Novanta si era venuto realizzando
in Italia.
Infatti
i crescenti tagli alla spesa pubblica e
le coeve riforme Moratti( 2003 ), Fioroni( 2007) e Gelmini ( 2008 e seguenti )
hanno determinato un sovraffollamento pauroso nelle classi. Conseguentemente i
docenti curricolari , anche se l’avessero voluto, non hanno più potuto
occuparsi degli alunni con disabilità, come invece è avvenuto fin dalle
origini, e gli alunni, specie quelli con maggiori difficoltà, sono stati
emarginati in classe o mandati fuori della classe con assistenti e bidelli. A
ciò hanno reagito le famiglie con
ricorsi sempre crescenti alla Magistratura, la quale ha in modo
ineccepibile enucleato il diritto allo studio degli alunni con disabilità come
diritto costituzionalmente fgarantito e non comprimibile per soli motivi
di tagli ai builanci.In tal senso è
illuminante la Sentenza
della Corte costituzionale n. 80/10 della Corte costituzionale.
Però
la “ via giudiziale all’inclusione
scolasticva “ ha prodotto degli effetti indotti non voluti e fortemente
distorsivi. Infatti le famiglie, abbandonate dai docenti curricolari, hanno
richiesto ed ottenuto un sempre maggiore numero di ore di sostegno per i propri
figlioli, talora sottraendoli agli altri, sino addirittura a pervenire ad
alcune pronunce che assegnano le ore di sostegno per tutta la durata
dell’orario scolastico.
Tutto
ciò ha provocato un continuo allontanamento dei docenti curricolari dalla
formazione per l’inclusione scolastica ( come era invece avvenuta nei primi Anni Settanta, quando non esistevano
ancora gli insegnanti per il sostegno ,
e negli Anni Ottanta-Novanta , quando si rinnovarono i corsi di
specializzazione e di aggiornamento specie per l’inclusione nelle scuole superiori
con la Sentenza della Corte
cost. n. 215/87).Ciò ha determinato una crescente delega dell’inclusione ai
soli docenti per il sostegno che a sua volta ha incrementato una sempre maggiore richiesta di ore di sostegno sia da parte
delle famiglie sia da parte delle scuole con impressionante crescita sia delle
certificazioni di disabilità, sia di sentenze che assegnavano crescenti numeri
di ore di sostegno.Ma questa crescita spropositata delle ore di sostegno ,
esplosa a partire dall’inizio degli Anni Duemila è divenuta inarrestabile con
l’introduzione dei Patti di stabilità , formalizzati in modo rigidissimo con
l’art 64 della L.n. 133/08, che rende personalmente responsabili Dirigenti
scolastici , degli uffici scolastici regionali e ministeriali dello sforamento
dei baget fissati annualmente.La conseguenza è stata un incremento dei ricorsi giurisdizionali;
infatti i Dirigenti, non potendo sforare i baget loro assegnati per le ore di sostegno, erano costretti a cedere
solo in presenza di una sentenza che aumenta il numero delle ore di sostegno.Ragione
per la quale addirittura Dirigenti disponibili ad aumentare le ore per evidenti
esigenze didattiche, si augurano , per venire incontro alle giuste richieste
delle famiglie, che queste promuovano azioni giudiziarie.Tali azioni sono
notevolmente agevolate da una visione fondamentalmente medica del processo di
inclusione. Infatti gli avvocati per avere maggiori probabilità di successo
hanno basato la richiesta delle ore in
più non su esigenze didattiche, di difficile prova, ma su esigenze di salute,
trattandosi di alunni che , come
stabilisce l’art 3 comma 1 l.n.
104/92,” hanno una minorazione
stabilizzata o progressiva “. Quindi
l’inclusione ormai sempre meno si basa sui progetti didattici e sempre più
sulle diagnosi cliniche; questo è lo snaturamento maggiore che la cultura
dell’inclusione ha subito e non si
vedono a breve possibili correzioni, dal momento che tali nuovi orientamenti culturali indotti dalla
logica dei procedimenti giurisdizionali
sta divenendo cultura corrente tra le famiglie e , in modo più
preoccupante, tra i Dirigenti scolastici
ed i docenti.
Proposte per ritornare alla
cultura delle origini
Mario
Tortello, fondatore della Rivista
torinese Handicap & scuola, purtroppo prematuramente scomparso,
soleva dire “ in presenza di tali derive sanitarie riprendiamoci la pedagogia”.Ed è da qui che
bisogna ripartire e conseguentemente ristabilire le condizioni per le quali la
pedagogia torni ad essere la linfa ispiratrice del rilancio della qualità
dell’inclusione scolastica in Italia. Le associazioni, specie quelle aderenti
alla F I S H, da tempo hanno avanzate al
Ministero dell’Istruzione alcune proposte che qui sintetizzo.
a) - E’ ibndispensabile che le classi frequentate da alunni con
disabilità abbiano un numero non elevato di alunni. Si era ottenuto nel ’99 il
d m n. 141 che fissava a 20 il tetto massimo di alunni in una classe ove era
presente un alunno con grave disabilità ed
a 25 quello in presenza di un alunno con
disabilità lieve. La riforma Gelmini ha abrogato tale norma e le
associazioni hanno ottenuto solo l’art 5
comma 2 del dpr n. 81/09 nel quale si
stabilisce che “ di norma “ le
classi iniziali ( e per logica quelle successive )frequentate da alunni con
disabilità “possono essere composte da 20 alunni.Le associazioni allora si sono
appellate all’art 4 steddo dpr che consente in via eccezionale di superare tale
tetto del 10% e cioè di 2 unità; e quindi si è trasformato il “ possono in
debbono “; però non si è ancora ottenuta
una norma precisa sul numero massimo di alunni con disabilità presenti; la c m
n. 61/2012 invita i Dirigenti scolastici a non superare il numero di 20 alunni
in presenza di un alunno con grave disabilità o due con disabilità non grave.
E’ però un invito e probabilmente, stavolta ci si rivolgerà alla Magistratura
perché chiarisca anche questo fondamentale aspetto del diritto allo studio
degli alunni con disabilità.
V
) – Gli insegnanti curricolari debbono tornare ad essere il soggetto cui
affidare fondamentalmente la presa in carico del progetto di inclusione, purchè
siano messi in condizione di farlo. La prima condizione è avere classi non
numerose e ciò è adesso possibile.
La
seconda e fondamentale condizione è che abbiano unba formazione iniziale ed ovvligatoria
in serivizio sulla didattica dell’inclusione .Quanto alla formazione iniziale
le associazioni sono in parte riuscite ad ottenere l’obbligo di 31 crediti
universitari formativ, pari a circa un semestre però per i soli docenti della
scuola dell’infanzia e primnaria ( d m n. 249/10 art 13 ); per quelli di scuola
secondaria solo sei crediti,che si chiede fortemente vengano portati alla pari
con gli altri. Per la formazione
obbligatoria in servizio, specie per conoscere i problemi educativi
degli alunni con disabilità che di anno
in anno si trovano in classe, ancora si brancola nel buio.
c)
– la terza condizione indispensabile è la continuità di docenti per il
sostegno. Purtroppo tale condizione oggi è quasi inesistente a causa delle
norme di stato giuridico dei docenti. Infatti i docenti di sostegno
di ruolo possono lasciare con un trasferimento la classe dopo massimo
cinque anni ( talora ridotti a tre se hanno frequentato un corso di
specializzazione durante il servizio); quelli precari sono soggetti annualmente
a cambiare sede con gravissime conseguenze specie per gli alunni con disabilità
intellettive che richiedono molto tempo per trovare una buona sintonia coi docenti.Su questo aspetto le associazioni
hanno formulato diverse proposte dall’aumento
degli anni di permanenza sul sostegno per i docenti di ruolo ad una maggiore
durata degli attuali incarichi annuali
per i precari, sino a pervenire alla richiesta di costituzione di
un’apposita classe di concorso di sostegno, che quindi venga seguita da docenti
che fanno una ben precisa scelta professionale.
D)
- A queste condizioni si aggiungono altre esterne alla scuola, come la garanzia
dei trasporti gratuiti, l’eliminazione delle barriere architettoniche e senso
percettive che purtroppo ancora interessa circa il 50% delle scuole,la presenza
di assistenti per l’autonomia e la comunicazione forniti dagli Enti locali, che
però spesso difettano per numero e per formazione, specie a causa dei recenti
tagli alla spesa degli stessi.
E) – Ma la condizione di fondo
rimane pur sempre il cambiamento culturale che rimetta al centro dei problemi
l’aspetto pedagogico. Se non si recupera il senso del valore didattico
dell’inclusione sia da parte dei Dirigenti scolastici , dei docenti e delle
famiglie le altre imprescindibili condizioni non riusciranno a realizzarsi.
E’
inutile nasconderselo; si è perduta la spinta propulsiva della fine degli Anni
Sessanta primi Anni Settanta; l’inclusione in buona parte è sentita come non
più un’occasione di rinnovamento della didattica e della scuola, ma come un
fatto burocratico di mero rispetto formale delle norme; non è più sentito come
una conquista corale di una comunità che si rinnova, ma come l’attuazione di un
diritto egoistico da parte delle famiglie e di un peso da parte dei docenti.
Ovviamente
non tutti i docenti e non tutte le famiglie la pensano così; specie i docenti
delle scuole dell’infanzia e primarie e
alcune famiglie educate dalle associazioni credono alla necessità di unire
tutte le forze per migliorare la scuola e con essa la qualità dell’inclusione;
però la maggioranza non è ancora stata contaggiata da questa sete di
cambiamento radicale e quindi non si impegna a sostegno delle minoranze che
invece lavorano quotidianamente per questo rinnovamento.
Senza
questo recupero di coscienza corale da parte della società sarà difficile o
almeno molto faticoso far breccia nella classe politica che dovrà emanare le
norme necessarie a questi cambiamenti. Siamo in pochi che crediamo in ciò;
dovviamo fare proseliti. E’ una questione di fede laica nella dignità delle
persone umane, specie quelle più deboli.
Certo
le condizioni finanziarie non ci aiutano e quelle di morale pubblica di parte
significativa della classe politica ci
ostacola.
Però,
come ci disse Sergio Neri prima di lasciarci “ andate avanti voi che ci credete
“. Sono certo che cammin facendo il
nostro gruppo si ingrosserà in tutto il Paese.